martedì 21 giugno 2011
Heeeei!
Finiti quelli ricomincerò a scrivere appena posso.
lunedì 8 novembre 2010
Vespa 125 T5
Il modello T5 fu costruito dal 1985 al 1989. Era un modello sportivo, costruito sulla base della Vespa PX, dalla quale differiva per il faro anteriore rettangolare, il cupolino in plastica sul manubrio, la coda più verticale, per la strumentazione più grande con contagiri elettronico, per una crociera del cambio modificata al fine di evitare i forti tac durante le cambiate veloci, per il nasello davanti più appuntito, per la corsa più corta di quella del PX (52mm contro 57mm), per i cuscinetti di banco a rulli invece che a sfera e, differenza più importante, i 5 travasi del cilindro invece di 3 (da qui il nome T5). Inoltre era molto aerodinamico, grazie a una serie di modifiche come il parafango più piccolo, l'estrattore d'aria alla base delle scudo ed il cupolino. I primi esemplari prodotti funzionavano a miscela benzina/olio (al 2% di quest'ultimo) con l'opzione di poter adottare il miscelatore automatico; in seguito il miscelatore divenne di serie. In una seconda fase della produzione, la casa madre introdusse gli specchietti retrovisori direttamente nella struttura del manubrio, mirando a garantire una maggiore efficienza alla visione posteriore rispetto a quella che era possibile ottenere grazie ai poco efficienti retrovisori prodotti da talune aziende operanti nel settore dei ricambi "after market". La velocità massima della T5 era di 108 km/h, che si raggiungevano con una relativa facilità, anche grazie alla curva di erogazione della potenza piuttosto appuntita. Di converso, la T5 non era particolarmente brillante in ripresa, mostrando un'evidente pigrizia a prendere giri nei regimi bassi ed intermedi, per effetto del che si era costretti a scalare una marcia per mandare il motore "in coppia". Alle buone prestazioni complessive del motore, faceva paio un discreto equilibrio complessivo del telaio, adeguatamente assecondato da freni (a tamburo) migliorati nell'efficienza rispetto a quelli della Vespa da cui derivava. Abbastanza elevati - sempre rispetto al modello di riferimento - erano i consumi di carburante. La Vespa T5 è ancora usata da molte scuole-guida per gli esami pratici della patente A1 e A2.

venerdì 8 ottobre 2010
Vespa GTS 300 super
Ricomincio a scrivere su questo blog parlandovi della vespa GTS super.
La GTS 300 è il centoquarantacinquesimo modello prodotto dalla casa di Pontedera nella storia della Vespa.
Capace di far percorrere strade cittadine, tratti extra-urbani e autostradali in gran serenità grazie alla cubatura e al telaio generosi; è nota come essere la Vespa più potente mai prodotta fino al 2009. Caratteristiche di spicco sono la motorizzazione da 300 cm3 e altri particolari come le feritoie sul lato (in richiamo alle Vespe "GS" del passato), l'ammortizzatore di uno spiccato colore rosso, la strumentazione allo sterzo di carattere analogico, la sella nera con bordo bianco sempre in richiamo con le Vespe del passato, il faro anteriore in cui è presente una parte di color nero che rende il veicolo molto più sportivo, non ultimi i cerchi bicolore che rendono a chi li guarda il fascino retrò dei cerchi presenti sulle Vespa degli anni ormai lontani.
Il veicolo nel sue forme è un chiaro richiamo alle Vespe GS del passato, il più forte è quello delle feritoie laterali che fanno la loro apparizione per la prima volta da quando è stato applicato il cambio CVT in sostituzione del manuale.
Le ribaltine, sia anteriore che posteriore disponibile come optional, rendono il veicolo utilizzabile anche per trasporto valigie e pacchi in genere; lo stile retrò degli accessori rende il veicolo affascinante e duttile allo stesso tempo.
giovedì 29 aprile 2010
Vespa story 2
La storia della Vespa dalle origini
Il nome Vespa, la nascita di un mito
Al momento della presentazione ufficiale al pubblico, il prototipo realizzato da Corradino D'ascanio apparì a molti un progetto improponibile. E fu Enrico Piaggio, esclamando "sembra una vespa!", a siglarne definitivamente il destino. Da quell'aprile 1946, quando lo scooter più famoso del mondo fece il suo debutto in società al Golf Club di Roma (era
Tutto iniziò nel 1945
Piaggio, la ricostruzione
Nel 1945 Enrico Piaggio, titolare della Piaggio & C., azienda che sino ad allora si era cimentata in vari ambiti della produzione di mezzi di trasporto, si trova a dover ricostruire un complesso industriale decimato dal conflitto mondiale. Le truppe tedesche avevano trasperito macchinari e linee produttive da Pontedera, dove dal primo dopoguerra si era insediata l'azienda, a Biella. Proprio in quella città è nato, nel giro di pochi mesi, quello che è divenuto lo scooter più famoso del mondo.
L'intuizione
Lo stato dello stabilimento non era altro che lo specchio delle drammatiche condizioni dell'intero Paese. Fra i calcinacci ed i ruderi bellici, la popolazione italiana diede vita ad un singolare fenomeno di ripresa. Pochi anni dopo si parlerà di «miracolo economico». Una crescita rapida e che interessò ampi settori della società, resa possibile anche da geniali intuizioni tecniche ed imprenditoriali. Da alcune di queste è nata
D'Ascanio non amava la motocicletta. Proprio per questo ne risultò un progetto rivoluzionario, uno scooter con telaio a scocca portante in lamiera d'acciaio, con gli organi meccanici coperti - così da garantire la massima pulizia - e le ruote intercambiabili, montate a sbalzo. Analizzando quello che in effetti non era uno dei migliori momenti per tutta l'economia italiana venne fuori l'intuizione di Enrico Piaggio , l'Italia mancava di tutto, mentre i reduci di ritorno dal fronte o dalla prigionia, una volta ricomposte le famiglie, chiedevano lavoro. Un paese che mancava di comunicazioni per le strade distrutte, l'inefficienza delle ferrovie, la cronica carenza di mezzi di trasporto uniti
Enrico Piaggio il fondatore
al bisogno di riallacciare comunicazioni e quindi riprendere i contatti per la ripresa del lavoro, del commercio, dello scambio, mettevano in condizioni un gran numero di persone di poter disporre di un veicolo che fosse pratico, economico, con un costo limitato di esercizio e di consumo. Dall'esigenza di poter guidare questo mezzo senza togliere le mani dal manubrio nasce l'idea del comando del cambio a manopola. Il motore costituisce un complesso unico, di dimensioni compatte, con la ruota montata direttamente sull'albero secondario del cambio. Dunque trasmissione diretta, senza la mediazione di catene, ingranaggi o alberi cardanici. La forcella monobraccio fu probabilmente ispirata dalla soluzione impiegata sui carretti aeronautici, aventi anch'essi la ruota a sbalzo. Il primo prototipo di D'Ascanio, denominato MP6, piacque subito al dott. Piaggio. Esso preannunciava già molte caratteristiche della prima Vespa prodotta in serie, la «98». I collaudi evidenziarono problemi di surriscaldamento, poichè il motore era raffreddato ad aria ma senza essere sottoposto ad alcuna ventilazione: l'ampio scudo paragambe non consentiva un regolare afflusso dell'aria sull'alettatura del gruppo termico. D'Ascanio risolse anche questa anomalia, con un'altra geniale soluzione: applicò una ventola al volano magnete, abbinata ad un convogliatore, così
Catena di montaggio a Pontedera
Con 68.000 lire il costo della Vespa, si poteva cominciare a muoversi in città nelle strade non asfaltate di allora, nelle campagne, sui monti, nei posti di mare;
Sempre
martedì 6 aprile 2010
SITO VESPAFORLIFE
http://vespaforlife.altervista.org/index.html
(nel blog riprenderemo a scrivere a breve)